Il Benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano:
Il nostro corpo, le nostre relazioni, la nostra mente, il nostro mondo emotivo, i nostri comportamenti.
Questi aspetti si influenzano l’un l’altro positivamente per generare uno stato generale di benessere, ma possono anche influenzarsi reciprocamente in senso negativo provocando un malessere generale.

Lo Studio di Psicologia e Ben-Essere ha come obiettivo principale quello di accompagnare le persone a ritrovare la strada che conduce al benessere nel rispetto della loro essenza.

giovedì 13 settembre 2012

primo giorno di scuola.. che emozione?

PRIMO GIORNO DI SCUOLA ... CHE EMOZIONE?

Ogni passaggio di autonomia dei figli lascia i genitori col fiato sospeso “ce la farà? Non lo ha mai fatto prima d’ora…” il primo giorno al nido, alla materna, alle medie o alle superiori si torna a vivere l’intensità di un cambiamento importante, ci riporta indietro al nostro primo giorno e ci sentiamo pervasi da una serie di reazioni emotive e fisiologiche che a volte ci può far barcollare …

Il primo giorno di scuola è sicuramente un momento atteso ed emozionante per i genitori, per i figli e  per gli insegnanti.

EMOZIONI dei GENITORI
EMOZIONI dei FIGLI
EMOZIONI degli INSEGNANTI
Sollievo per poter condividere con la scuola le gestione dei figli
Gioia di ritrovare gli amici
Preoccupazione per la ripresa della nuova classe
Paura di non sapere se il bambino se la caverà
Paura di trovarsi in una scuola nuova, con compagni nuovi, ecc..
Gioia di ritrovare il proprio lavoro
Fiducia nella scuola e nelle capacità del bambino
Ansia per non aver finito i compiti per le vacanze
Entusiasmo nel cominciare con il piede giusto
Speranza che tutto vada bene
Speranza di trovare quello che si aspettano
Ansia per i programmi sempre più impegnativi da portare avanti
Tenerezza verso un figlio che cresce
Noia nel dover stare seduti tutto il giorno
Speranza che le situazioni si possono affrontare, anche se impegnative
Ansia per il tipo di cibo, per il compagno di banco irruento, per l’insegnante che non capisce il figlio, ecc…
Curiosità di cosa li aspetta, dai compagni agli insegnanti
Impegno per un nuovo anno


Questi sono solo alcuni dei sentimenti che ogni protagonista di questa avventura può provare al rientro dalle vacanze.

È importante tenere presente che esistono queste tre categorie di persone coinvolte e che, ognuna di queste può vivere emozioni diverse, dettate da motivazioni e aspettative diverse, ma che inevitabilmente si troveranno a coesistere nello stesso momento. Questa coesistenza può tradursi in un momento intenso positivo o anche molto negativo.
È importante che almeno i genitori e gli insegnanti sappiano decifrare cosa provano, perché saranno proprio loro (i genitori a casa e gli insegnanti in classe), a guidare i bambini nel contenere, comprendere a andare oltre l’intensità emotiva che i piccoli o più grandi alunni si trovano a vivere.  Infatti se non siamo chiari con il nostro vissuto emotivo, rischiamo di confonderlo con il vissuto emotivo del bambino e questo può essere disorientante.

Vediamo nel dettaglio cosa è importante sapere in base all’età del bambino e al grado di scuola che l’alunno andrà ad affrontare.

Nido
Il bambino tra i 7 mesi e i 2 anni sperimenta l’angoscia da separazione, in questa fascia d’età ancora ha bisogno di sperimentare attraverso l’esperienza per capire cosa aspettarsi. Infatti non sa che se la mamma lo lascia tra le braccia dell’educatrice del nido, la mamma tornerà a prenderlo, ha bisogno di sperimentarlo probabilmente piangerà, durante il giorno sarà più nervoso anche a casa, ma poi l’esperienza diventerà sempre più familiare e si trasformerà in routine che gli darà sicurezza. 
Per il genitore affidare il proprio figlio la prima volta ad un estraneo non sempre è facile, è il primo vero distacco e spesso è il genitore per primo a non essere pronto; così può vivere: senso di colpa, ansia o anche essere fiducioso e sicuro che, anche se difficile sul nascere, sarà un esperienza positiva per il bambino e per la famiglia.
Che fare?
Prima di tutto rilassatevi, il vostro disagio, se presente verrà captato immediatamente dai vostri figli che si sentiranno poco rassicurati …
allora Genitori stringete i denti! fate un bel respiro, un sorriso dolce e gentile ai vostri cuccioli, fidatevi del personale del nido e del vostro bambino! Inoltre mantenete aperta la comunicazione con le educatrici pensando a loro come ad un importante risorsa, così come voi lo siete per loro, collaborando per il meglio dei vostri bambini nel percorso di crescita e di autonomia che li aspetta.

Scuola materna
Il bambino dai 3 anni ai 5 anni è pronto a sperimentarsi nella scoperta delle relazioni sociali con i coetanei, è un periodo di profondi cambiamenti e l’ingresso alla scuola materna è un passo significativo. In questa fase l’angoscia da separazione dei primi due anni si può trasformare in ansia, molti bambini hanno già verificato che la mamma può uscire ma poi torna, lo può lasciare dai nonni per poi tornare, ma il contesto scuola è nuovo, le maestre molte volte non le conoscono e i compagni sono una novità. Anche i bambini  che hanno frequentato il nido vivono un’esperienza nuova e diversa.
Le reazioni sono comunque molto differenti, in generale un bambino appartenente a questa fascia d’età si adatta al cambiamento in un periodo che va da 2 a 6 settimane, se il bambino continua a manifestare comportamenti inconsueti (irrequietezza, scatti di rabbia, pianto, mal di pancia frequenti, inappetenza la mattina prima di uscire, rifiuto scolastico, ecc) oltre i due mesi dall’inizio della scuola, sarà importante comprendere la motivazione perché potrebbe celarsi un disagio più importante.
Nel genitore può accadere la stessa cosa che accade ad un genitore del nido e suggerimenti sul da farsi sono equivalenti.

Scuola primaria
Il bambino dai 6 ai 10 anni è in grande cambiamento è questa un’età in cui oltre all’impegno scolastico il bambino è chiamato a rispettare le regole in modo più incisivo di quanto non sia accaduto alla scuola materna, i limiti e gli insegnamenti sono sempre più strutturati e la valutazione del profitto e del comportamento mette le radici nell’autovalutazione del bambino e nello sviluppo della sua autostima, inoltre i rapporti con i compagni ormai sono caratterizzati da amicizie importanti. Spesso i bambini cambiano scuola e per i  primi giorni, ma non solo, hanno bisogno di rassicurazione e se anche il genitore è emozionato è importante che condivida quest’emozione col bambino, magari raccontandogli il suo primo giorno di elementari. Dal punto di vista pratico sarebbe buona cosa creare la routine di preparare il necessario per la scuola (lo zaino, i vestiti, ecc …), la sera prima insieme al figlio (e non al posto del bambino). Le routine di questo tipo danno sicurezza e fanno sentire il bambino accompagnato e accudito, magari proprio in questi momenti si può approfittare per condividere il reciproco vissuto emotivo.
Anche in questa fase sarà importante mantenere rapporti di fiducia con le insegnanti e instaurare una buona comunicazione.

Scuola secondaria di primo grado
Il ragazzo dagli 11 ai 14 anni è nella fase pre-adolescenziale, il gruppo di pari diventa il suo primo confronto e il genitore diventa una persona da cui differenziarsi, a volte scontrandosi attraverso attacchi e comportamenti atipici, molto diversi da quelli incontrati fino a quel momento. I ragazzi si confrontano molto con gli altri compagni e da questo confronto traggono considerazioni sul loro modo di essere e su quanto si sentono accettati dagli altri. Qui l’ansia si manifesta prevalentemente nei termini di ansia sociale (paura del giudizio degli altri, specialmente dei coetanei).
Il genitore sarà chiamato ad accompagnare il figlio nel passaggio alla scuola media ascoltando profondamente e guidandolo delicatamente. Non ci si aspetta che parli sempre esplicitamente, e se non lo fa iniziate voi genitori, raccontando la vostra esperienza nelle varie difficoltà che avete incontrato e superato senza trascurare né le difficoltà, né le modalità con cui queste sono state superate, siete il loro modello ed è importante che gli diate il messaggio “anche per me alcuni momenti sono stati difficili, ma con il tempo e con la mia volontà li ho superati, anche se come te, non credevo di potercela fare..”. un messaggio di questo tipo dà al figlio la dimensione di umanità del modello “non è un superuomo perfetto, ma se la sa cavare nelle difficoltà”.

Scuola secondaria di secondo grado
I ragazzi della scuola superiore si sentono quasi adulti, ma non essendolo realmente hanno ancora molti dubbi che non confessano neanche a loro stessi, sono nel pieno della differenziazione dai genitori, e molte volte si relazionano solo a distanza, attraverso silenzi e scontri. Qui la scuola ha un ruolo decisivo, infatti i ragazzi tendono a seguire come modello un adulto esterno alla famiglia (un insegnante, il genitore di un amico, un allenatore), e il gruppo di pari diventa il branco con cui passare il tempo.
Il genitore non sarà chiamato a controllare da vicino ogni singolo momento del figlio, ma sarà importante essere a conoscenza degli amici che frequenta, lasciando che il figlio inviti in casa i suoi amici, mantenendo dei rapporti di fiducia con i genitori di cui spesso parla il figlio o che sappiamo che frequenta, e con gli insegnanti sempre una buona comunicazione per avere un confronto sul ragazzo dal loro punto di vista. È il momento di spiccare il volo, alcuni si buttano e volano senza problemi, altri chiedono ancora molto la presenza dei genitori, anche per essere accompagnati a scuola, importante assecondarli, ma in entrambe i casi valutare il loro grado di autonomia.
Nel primo caso  verificare attraverso il confronto con gli insegnanti che il figlio frequenti la scuola e se la sua autonomia è funzionale all’impegno scolastico.
Nel secondo caso sarà importante comprendere dopo i primi giorni se il ragazzo è in grado di affrontare la scuola sia accompagnandolo, sia andandoci da solo, se mostrerà paura o ansia eccessiva tanto da non permettergli di andare o da renderlo estremamente faticoso, sarà importante indagare e aiutarlo a superare tale difficoltà magari rivolgendosi ad una persona competente.

PER TUTTI

  • Aiutiamo i nostri figli a ripristinare un ritmo sonno/veglia adeguato ai ritmi scolastici
  • Manteniamo buoni rapporti con la scuola e con gli insegnanti pensando alla scuola come una risorsa .. fidiamoci di loro e affidiamogli i nostri figli
  • Creiamo momenti di routine di preparazione al giorno di scuola che verrà
  • Riconosciamo le nostre emozioni e differenziamole dalle loro
  • Ascoltiamoli e lasciamo che ci raccontino come si sentono e cosa hanno vissuto, in seguito comunichiamo loro come ci sentiamo nel guardarli crescere
  • Confrontiamoci con loro e condividiamo le nostre esperienze dei nostri primi giorni di scuola

Infine mandiamoli a scuola pensando alle parole di Erma Bombeck

I FIGLI SONO COME GLI AQUILONI.....passi la vita a cercare di farli alzare da terra. Corri e corri con loro fino a restare tutti e due senza fiato.... E tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni... Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri che presto impareranno a volare... Infine sono in aria: gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne... E a ogni metro di corda che sfugge dalla tua mano, il cuore ti si riempie di gioia e di tristezza insieme... Giorno dopo giorno, l'aquilone si allontana sempre di più, e tu senti che non passerà molto tempo che quella bella creatura spezzi il filo che vi unisce e si innalzi, come è giusto che sia, libera e sola.... Allora soltanto saprai di avere assolto il tuo compito...
(Erma Bombeck)

martedì 19 giugno 2012

oh no mio figlio è stato bocciato



OH NO MIO FIGLIO è STATO BOCCIATO!!!!

La fine dell’anno scolastico è un periodo critico per i figli, ma anche per i genitori che sperano e vivono l’attesa dei risultati, a volte con più patos dei figli stessi.
Finalmente arrivano i tanto agognati quadri.. il dito scorre lungo i nomi
 dei ragazzi della classe e si cerca quello del proprio figlio … ma accanto cosa c’è?

“NON AMMESSO”

un mix di sentimenti, pensieri e stati fisiologici alterati ci pervade …
iniziamo a sudare, il cuore palpita e avvampiamo non solo per il caldo,
 l’arsura si fa sentire e un nodo in gola non ci permette di deglutire …
siamo delusi, arrabbiati, preoccupati, dispiaciuti … e iniziamo a pensare:
 “e ora come faremo?” “quando torno a casa mi sente!” “glielo avevo detto che avrebbe dovuto studiare!” “le vacanze? beh con questi risultati saranno un miraggio!!!” “sicuramente sarà stato l’insegnante di matematica.. ce l’ha sempre avuta con lui!!”
E’ chiaro che l’insuccesso scolastico dei nostri figli può destabilizzarci, ma non scordiamoci che se è accaduto bisognerà trovare un modo per accompagnare i nostri figli a superare quest’insuccesso che, se non guidato verso la soluzione e il superamento della difficoltà, potrà minare l’autostima e il senso di autoefficacia del ragazzo.
Prima di tutto ascoltiamo le emozioni del figlio non ammesso, anche se le nostre ci rapiscono l’attenzione è importante sforzarci di pensare che chi non è stato ammesso non siamo noi genitori, ma nostro figlio, è lui che sta subendo un insuccesso in prima persona e il nostro compito è di accoglierlo sempre nella sua sofferenza, prima ancora di dargli “una lezione”. Noi siamo la loro guida e se ci lasciamo travolgere dalle nostre emozioni rimaniamo in balia della stessa tempesta in cui si trovano loro, andando insieme alla deriva… ricordiamoci di mostrargli la bussola così da aiutarli a riorientarsi.

Come agire:
·         Accogliamo la sua delusione, rabbia, frustrazione; “mi dispiace di questo risultato deve essere stato molto brutto per te..” se abbiamo avuto un’esperienza analoga nella nostra storia scolastica la possiamo condividere proprio in quel momento, avrà un effetto rassicurante su nostro figlio “beh se è successo anche a te e sei comunque riuscito a superarlo ce la farò anche io”
·         Apriamo un dialogo sull’argomento, quando la tensione emotiva è scesa “come pensi di essere arrivato alla bocciatura.. cosa non ti ha permesse di essere promosso?” è importante rimanere calmi e mantenere un atteggiamento NON GIUDICANTE, se non siamo calmi aspettiamo ad aprire il dialogo.
·         Preveniamo insieme significa sempre all’insegna del dialogo e dell’ascolto ragionare su modalità più funzionali per affrontare la scuola l’anno che verrà.

In pratica l’insuccesso scolastico dei figli pone non pochi problemi educativi e familiari. La bocciatura dovrebbe essere considerata come il mancato raggiungimento di obiettivi scolastici e competenze raggiunte ma in genere viene vissuta dagli interessati come una bocciatura della persona e con relativo abbassamento dell’autostima.
Le responsabilità della bocciatura in genere viene suddivisa tra il nullo o scarso impegno del figlio e la mancanza di competenza della scuola. Tra le accuse reciproche, è facile che ci si dimentichi dell’obiettivo fondamentale: quello di superare le emozioni negative dovute all’insuccesso e ritrovare le motivazioni allo studio.
Il ragazzo dovrebbe essere sostenuto, sia da parte della famiglia che da parte della scuola, nel dare un senso alla bocciatura, aiutando il ragazzo a parlare del proprio percorso scolastico. Individuare insieme i segnali che potevano predire l’esito negativo, in modo da poter ritrovare gli obiettivi che i genitori o i figli si sono prefissati. Rintracciare nella voglia di studiare non solamente un dovere sociale, ma anche un piacere di poter studiare con calma e serenità per realizzare il proprio futuro.
Minimizzare o esasperare l’accaduto serve a poco, come già detto la famiglia dovrebbe aiutare a riconoscere l’emozione che si sta provando, individuare le cause e interrogarsi sul percorso scolastico migliore per le capacità della persona. Trasformare l’emozione negativa in reazione costruttiva, che riconoscono le proprie responsabilità e metto in atto speranza e grinta per riprendere il cammino verso il futuro scolastico.

È bene chiarire perché una bocciatura può ledere l’autostima e quindi è importante spiegare cosa è l’autostima e cosa è in particolare l’autostima scolastica:
L’autostima deriva dalla discrepanza tra il Sé percepito e il Sé ideale.
Il concetto di Sé, e di conseguenza l’autostima, è articolato in varie dimensioni correlate agli aspetti della vita che sono importanti per noi.
le principali dimensioni dell’autostima riguardano:
L’autostima sociale (o interpersonale): comprende i sentimenti della persona riguardo a se stessa come amica di altri. Le altre persone la considerano simpatico? Apprezzano le sue idee? La ricercano per coinvolgerla in attività? E’ soddisfatta delle relazioni che intrattiene con gli altri?
L’autostima familiare: riflette i vissuti che una persona prova come membro della propria famiglia. Chi sente di essere un membro apprezzato della sua famiglia, che dà il proprio contributo e che si sente certo dell’amore e del rispetto di genitori e fratelli, avrà un’alta autostima in questo ambito.
L’autostima corporea: è una combinazione di aspetto fisico e di abilità. Consiste nella soddisfazione che una persona prova rispetto al proprio corpo e alle proprie prestazioni. Culturalmente le ragazze sono più attente agli aspetti estetici e i ragazzi alle performance atletiche. Negli ultimi anni, però, i ruoli tradizionali stanno subendo dei cambiamenti.
L’insieme di queste valutazioni costituisce l’autostima globale quindi la propria idea (concetto) di Sé.
L’autostima scolastica: è il valore che l’individuo attribuisce a se stesso come studente. Questa dimensione non è semplicemente una valutazione delle capacità e dei successi scolastici. Questi, infatti, vengono comparati con le proprie aspettative. Se si riesce a raggiungere i propri standard di successo scolastico (standard modellati dalla famiglia, dai compagni e dagli insegnanti), allora la propria autostima scolastica sarà positiva.
Le cause della bassa autostima possono essere dovute ad un ideale di Sé troppo elevato, ad una percezione distorta di Sé o ad un’oggettiva disabilità.
Le cause della bassa autostima possono essere dovute ad un ideale di Sé troppo elevato, ad una percezione distorta di Sé o ad un’oggettiva disabilità.
Migliorare l’autostima è possibile, ma è necessario individuare a quale livello e in quale dimensione deve essere posta la causa responsabile del basso livello di stima di sé. Così, una bassa autostima scolastica può essere compensata da una buona autostima sociale e familiare oppure una scarsa autostima corporea può essere compensata da un’alta autostima scolastica. L’eventuale intervento potrà perciò riguardare il ridimensionamento degli ideali irreali, la modificazione dell’auto-percezione o il potenziamento delle abilità. Se le difficoltà legate alla scuola, allo studio o alla relazione tra genitori e figli sembrano più complesse e difficili da superare si può pensare di cercare un dialogo con la scuola e se è il caso consultare uno psicologo.

lunedì 14 maggio 2012


Come sopravvivere ai capricci dei nostri figli

I capricci dei bambini per un genitore, sono una delle prime esperienze di contrasto con i loro figli, infatti già intorno all’anno i bambini mettono in atto comportamenti che si possono definire capricci. Come in ogni fase in cui il contrasto tra genitori e figli si fa più duro, non dobbiamo spaventarci, ma affrontare il limite che nostro figlio ci sta chiedendo di definire e rispondere a questo strano modo di esprimersi.
Non tutte le volte che si oppongono a noi sono capricciosi, è importante dare una definizione che dia l’occasione a noi genitori di capire meglio come intervenire.
Come ogni cosa per conoscerla è bene:

Definirla, capire da dove viene, quale finalità ha e come intervenire.

Definizione: IL CAPRICCIOà Se un comportamento si verifica con una certa frequenza e in modo prevedibile (ad esempio in certe situazioni, ma non in altre), allora tale comportamento non può essere definito casuale, sembra piuttosto avere uno scopo.

Gli scopi dei capricci si possono racchiudere in tre categorie generali:
      ricerca di attenzione
      fuga  da un compito frustrante
      ricerca di gratificazione immediata

Ma da dove vengono i capricci dei nostri figli?
Abbiamo visto che sono mossi da uno scopo e sono frutto dell’apprendimento della strategia più utile per perseguirlo.
I bambini sono piccoli scienziati che sperimentano per prove ed errori, cosa funziona e cosa no …
Es. un bambino di 2 anni vuole ottenere l’attenzione della mamma che sta al computer:
primo tentativo: “mamma!” “sì arrivo” continuando a guardare il monitor
secondo tentativo:“mamma!” la mamma risponde un po’ innervosita “si tesoro un attimo e sono da te!”
terzo tentativo: il bambino butta per terra tutti i suoi giochi urlando e la mamma corre in camera per sgridarlo.
Il bambino ha imparato che se urla e tira i giochi, l’attenzione della mamma arriverà prima, anche se si tratta di un’attenzione in negativo, è pur sempre un momento di attenzione.


Come intervenire?
Come sempre, non c’è una ricetta magica che funziona sempre e con ogni bambino, ma possiamo imparare a farci attenti in termini preventivi ai loro comportamenti adeguati e magari rispondere alle loro richieste adeguate (nei limiti del possibile) come nel primo tentativo di richiesta d’attenzione del bambino.

      Il primo passo è identificare la versione positiva del comportamento indesiderato. Se il comportamento indesiderato è urlare la versione positiva sarà parlare con un tono di voce adeguato alla situazione
      Una volta individuati i comportamenti nella versione positiva, il secondo passo sarà prestare maggiore attenzione ogni volta che si verificano e,
      il terzo passo sarà sottolinearli a nostro/a figlio/a con un “bravo sono felice che hai fatto questo!” Non il contrario come siamo portati solitamente a fare.
Inoltre sarebbe opportuno prestare attenzione ai comportamenti adeguati e ignorare quelli inadeguati
Es. il bambino seduto composto a tavola butta per terra il bicchiere con tutta l’acqua facendo un lago per terra e bagnandosi le scarpine, noi possiamo rispondere “come sei seduto per bene bravo, vuoi un la carne?” il bambino imparerà che la sua richiesta di attenzione è stata raggiunta grazie al fatto di stare seduto composto e non per il bicchiere.

Sul momento l’intervento più efficace è il costo della rispostaà se ti è caduto il bicchiere non lo raccoglie la mamma e quando avrai sete dovrai aspettare la fine del pranzo per bere, o dovrai raccoglierlo tu.
Il concetto è diverso dalla punizione perché questo tipo di intervento riguarda sempre la conseguenza dell’azione che il bambino ha messo in atto, quindi in questo caso l’obiettivo è quello di insegnare al bambino cosa accade (di spiacevole per lui) a causa di un comportamento inadeguato. La punizione spesso riguarda situazioni che non hanno a che fare con il comportamento (hai messo in disordine la camera ora non vai più a trovare il tuo amichetto! La conseguenza dell’azione sarebbe invece rimettere in ordine, anche attraverso il nostro aiuto, senza pero sostituirci a lui).

Se volete saperne di più potete contattarci

www.psicologiaebenessere.blogspot.com

Dott.ssa Cristina Jacchia
Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4424
Cell 366/6486988
Dott.ssa Federica Zani
Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4247
Cell 331/3851154

giovedì 12 aprile 2012

le bugie dei nostri figli: quando preoccuparci

Le bugie dei nostri figli: quando ci dobbiamo preoccupare?

Quando i nostri figli ci mentono, ci possono suscitare delle reazioni emotive spiacevoli che ci disorientano, dalla delusione, alla rabbia, alla frustrazione, al dispiacere, all’umiliazione (quando magari è un insegnante a  farci capire che nostro figlio ci ha mentito, perché ci ha omesso dei brutti voti) fino ad arrivare a sentire che i nostri figli ci stanno sfuggendo di mano e noi non siamo in grado di recuperarli; tutto questo ci può allontanare dalla comprensione di nostro figlio (cosa lo ha portato a dire una bugia? Che mi vuole dire con questo atto? Ecc..) conducendoci ad uno scontro che porterà spesso ad issare delle barriere sempre più alte.
La bugia è normale e accettabile e non costituisce un rischio per il bambino, anzi fa parte del suo percorso di crescita, a meno che non diventi un modo costante di relazionarsi col mondo esterno …
A seconda dell’età del bambino la bugia può avere diversi significati e può essere diretta verso determinati obiettivi.
Per esempio un bambino entro i 4 anni ancora non sa bene distinguere tra realtà e fantasia e spesso le “bugie” che gli sentiamo dire fanno parte di un mondo fantastico in cui tutto è possibile per ottenere quello che desiderano... o per evitare una punizione e ci raccontano storie creative su come la nutella sia finita proprio sul loro naso!un ragazzo adolescente spesso mente per difendere la sua privacy in questo caso c’è senz’altro una maggiore intenzionalità, ma ancora non ci dobbiamo preoccupare, perché è funzionale al raggiungimento dell’autonomia del nostro figlio adolescente, fermo restando che, anche se non sembra un ragazzo di 15 anni ha bisogno di sapere che noi siamo la sua guida, ci continuerà a guardare con la coda dell’occhio senza farsi accorgere, per avere la conferma che sta andando nella direzione giusta.
A volte le bugie nascono per compensare un bassa autostima “oggi la prof mi ha detto che sono stato il più bravo di tutti” altre volte per esprimere un desiderio e quindi la ragazza che non si sente in grado di chiamare il ragazzo che le piace, racconta alle sue amiche che lo ha chiamato, quando non è vero.
Le bugie più frequenti hanno come obiettivo un po’ a tutte le età quello di evitare un punizione. Certamente se l’obiettivo è quello di evitare una punizione e ogni volta che scopriamo che nostro figlio ha detto una bugia, lo puniamo lo indurremo a ripetere il comportamento menzognero, per evitare la punizione, entriamo così in un circolo vizioso da cui uscire sarà davvero difficile.
Ricordiamoci che le bugie sono UN’OCCASIONE PER CONOSCERE MEGLIO NOSTRO FIGLIO NEI SUOI BISOGNI: Cerchiamo di comprenderlo accogliendo il suo modo (non tropo lineare) di manifestare un bisogno.

IL RUOLO DEI GENITORI:

I GENITORI RIMANGONO IL MODELLO PRINCIPALE PER I FIGLI …
siamo la loro guida nel bene e nel male
Bisognerebbe cercare di non mentire mai (nei limiti del possibile) ai figli anche quando loro pongono domande difficili o imbarazzanti. Se il genitore gli mente, il figlio si sente autorizzato a ripetere quel comportamento. I figli osservano molto i comportamenti dei genitori, se un genitore tende a mentire con gli altri (non solo con i figli) il bambino imparerà che quello è un comportamento lecito e lo metterà in atto ogni volta che si troverà in difficoltà.
La sincerità, così come la menzogna, i bambini la imparano dall'esempio dei genitori!

QUANDO PREOCCUPARSI:

Bisogna preoccuparsi quando un figlio usa quotidianamente la bugia per relazionarsi con il mondo esterno o con il proprio mondo interno costituendosi un “mondo finto” fatto di illusioni, di sogni e di desideri poco legati alla realtà che sta vivendo … allora dovremo iniziare a chiederci il perché E GUIDARLO A TROVARE MODALITA’ ALTERNATIVE … infatti LA FREQUENZA DEL COMPORTAMENTO MENZOGNERO E’ INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALLA CAPCITA’ DI UNA PERSONA DI RISOLVERE UN PROBLEMA.
Se non riusciamo a farli uscire da questa bolla irreale in cui si trovano sarà opportuno rivolgersi ad un esperto per farsi aiutare.

domenica 25 marzo 2012

Parlano anche di noi ...

Linkiamo qui di seguito l'articolo de La Nazione in cui parlano del portale "Genitori Valdarno" con cui collaboriamo.
Nel sito troverete interessanti informazioni e notizie per i genitori del Valdarno (e non) e anche la nostra rubrica sui temi della genitorialità e dell'infanzia.
http://genitorivaldarno.it/wp-content/uploads/2012/01/genitorivaldarno.pdf

Al seguente link trovate invece i nostri contributi.
http://genitorivaldarno.it/category/esperto/

martedì 14 febbraio 2012

“Aiuto mio figlio ha paura!!!”

Tutte le emozioni sono accettabili, sono i comportamenti che ne derivano ad essere più o meno adeguati.
Quando i nostri figli vivono delle emozioni spiacevoli, siamo portati a negarle: “non avere paura” “non piangere” “non ti arrabbiare” “non te la prendere” “non essere geloso” ecc.. questo atteggiamento, dettato dal nostro desiderio di non vedere i nostri figli in difficoltà, aumenta il disagio in loro e non favorisce il superamento dell’emozione spiacevole in questione.

La paura è un’esperienza naturale dell’uomo; nelle specie animali svolge primariamente una funzione di allarme, di difesa e garantisce la sopravvivenza.
Costituisce una preparazione psicologica ed intellettuale necessaria ad affrontare una situazione pericolosa: esorta alla prudenza, aiuta a valutare un rischio.

Come tutte le emozioni, la paura ci spinge ad agire, nello specifico in due direzioni:

1.      La fuga      2. L’attacco

La paura diventa un problema quando impedisce lo sviluppo armonioso del bambino e ostacola così il suo processo di autonomia.

I comportamenti che i nostri figli mettono in atto a causa della paura (non andare a scuola, stare sempre con il genitore o con una persona significativa, aggredire verbalmente o fisicamente il genitore o altri, isolarsi, dire bugie, ecc..) possono provocare in noi sentimenti quali frustrazione, inadeguatezza, rabbia, paura, senso di impotenza, delusione, ecc …
Questi sentimenti non ci permettono di guidare nostro figlio ad andare oltre la paura.
Le paure però chiedono di essere superate: l’elaborazione di una propria paura rafforza la stima in se stessi.
Prima di tutto è il genitore che dovrà affrontare e superare la paura del figlio andando oltre le emozioni che tale paura genera in lui…

Si parlerà proprio degli strumenti che permettono ai genitori di guidare i figli ad andare oltre la paura, senza negarla, durante l’incontro “Insieme a mio figlio a caccia della paura”,
 che si terrà giovedì 16 febbraio 2012, alle 20.45 presso lo Studio di Psicologia e Benessere
a Figline V.no in P.zza M. Ficino n°76.


Per info e prenotazioni:

Dott.ssa Cristina Jacchia - Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4424
Cell 366/6486988 - E-mail c.jacchia@alice.it
Dott.ssa Federica Zani - Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4247
Cell 331/3851154 - E-mail zanifederica@hotmail.com

venerdì 10 febbraio 2012

Le emozioni nella relazione con i figli

Per creare una relazione sana con i nostri figli è importante riuscire a riconoscere, ascoltare e contenere le emozioni che sperimentano e esprimono nella vita di tutti i giorni. La loro modalità di espressione delle emozioni, spesso così distante dalla nostra, ci può mettere in difficoltà. La cosa importante  da fare, allora, è fermarci ad ascoltare l’emozione che in quel momento il nostro bambino sta esprimendo, prendendo un po’ le distanze dalla nostra razionalità e da come stiamo noi in quel momento ma rimanendo in ascolto empatico di ciò che il bambino ci sta comunicando. Cercando cioè di “metterci nei suoi panni” senza giudizio. Tutto questo ci aiuta ad entrare in sintonia con il mondo emotivo di nostro figlio creando una relazione in cui prevale l’affetto, la comunicazione e la fiducia reciproche pur mantenendo il ruolo essenziale del genitore che è quello di guida e contenimento.

Cristina Jacchia, Federica Zani

domenica 22 gennaio 2012

Ciclo di incontri per genitori

GENITORI E FIGLI
A TU PER TU CON LE  EMOZIONI
Essere genitori è un’esperienza tanto meravigliosa, quanto impegnativa…
Nella vita frenetica del mondo in cui viviamo (figli, casa, lavoro...), spesso si fa fatica ad arrivare alla fine della giornata .. Fermarsi un po’ a ragionare per migliorare insieme la qualità della relazione con i nostri figli è un bel regalo che ci si può concedere…
Lo studio di Psicologia e Benessere ha organizzato
un ciclo di 4 incontri per i genitori sulle emozioni
che ruotano intorno alla relazione con i figli

Obiettivi degli incontri:
Ø  Conoscere nuovi strumenti per affrontare le difficoltà quotidiane
Ø  Riflettere, attraverso il confronto con gli altri, sulle tematiche proposte
Ø  Sperimentare, attraverso esercitazioni o role-playing, l’efficacia dei nuovi strumenti presentati

Orari: gli incontri avranno inizio alle ore 20.45
Durata: 2 ore circa
Luogo: gli incontri si svolgeranno presso lo  Studio di Psicologia e Benessere” in P.zza M. Ficino n°76 a Figline V.no                                              


                        CALENDARIO DEGLI INCONTRI

GIOVEDì 2 FEBBRAIO
“Il mondo delle EMOZIONI nella relazione con i figli”
GIOVEDì 16 FEBBRAIO
“Io e mio figlio a caccia della PAURA
GIOVEDì 1 MARZO
“La RABBIA e la GIOIA con mio figlio”
GIOVEDì 15 MARZO
“Le BUGIE: da dove vengono e come affrontarle”
Costi: €12 a incontro per persona    
 €20 a incontro per la coppia di genitori

La prenotazione è obbligatoria

Lo studio offre 1 colloquio individuale gratuito per chi partecipa agli incontri qualora ne sentisse la necessità



Per info e prenotazioni:

Dott.ssa Cristina Jacchia
Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4424
Cell 366/6486988
Dott.ssa Federica Zani
Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4247
Cell 331/3851154