Il Benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano:
Il nostro corpo, le nostre relazioni, la nostra mente, il nostro mondo emotivo, i nostri comportamenti.
Questi aspetti si influenzano l’un l’altro positivamente per generare uno stato generale di benessere, ma possono anche influenzarsi reciprocamente in senso negativo provocando un malessere generale.

Lo Studio di Psicologia e Ben-Essere ha come obiettivo principale quello di accompagnare le persone a ritrovare la strada che conduce al benessere nel rispetto della loro essenza.

lunedì 14 maggio 2012


Come sopravvivere ai capricci dei nostri figli

I capricci dei bambini per un genitore, sono una delle prime esperienze di contrasto con i loro figli, infatti già intorno all’anno i bambini mettono in atto comportamenti che si possono definire capricci. Come in ogni fase in cui il contrasto tra genitori e figli si fa più duro, non dobbiamo spaventarci, ma affrontare il limite che nostro figlio ci sta chiedendo di definire e rispondere a questo strano modo di esprimersi.
Non tutte le volte che si oppongono a noi sono capricciosi, è importante dare una definizione che dia l’occasione a noi genitori di capire meglio come intervenire.
Come ogni cosa per conoscerla è bene:

Definirla, capire da dove viene, quale finalità ha e come intervenire.

Definizione: IL CAPRICCIOà Se un comportamento si verifica con una certa frequenza e in modo prevedibile (ad esempio in certe situazioni, ma non in altre), allora tale comportamento non può essere definito casuale, sembra piuttosto avere uno scopo.

Gli scopi dei capricci si possono racchiudere in tre categorie generali:
      ricerca di attenzione
      fuga  da un compito frustrante
      ricerca di gratificazione immediata

Ma da dove vengono i capricci dei nostri figli?
Abbiamo visto che sono mossi da uno scopo e sono frutto dell’apprendimento della strategia più utile per perseguirlo.
I bambini sono piccoli scienziati che sperimentano per prove ed errori, cosa funziona e cosa no …
Es. un bambino di 2 anni vuole ottenere l’attenzione della mamma che sta al computer:
primo tentativo: “mamma!” “sì arrivo” continuando a guardare il monitor
secondo tentativo:“mamma!” la mamma risponde un po’ innervosita “si tesoro un attimo e sono da te!”
terzo tentativo: il bambino butta per terra tutti i suoi giochi urlando e la mamma corre in camera per sgridarlo.
Il bambino ha imparato che se urla e tira i giochi, l’attenzione della mamma arriverà prima, anche se si tratta di un’attenzione in negativo, è pur sempre un momento di attenzione.


Come intervenire?
Come sempre, non c’è una ricetta magica che funziona sempre e con ogni bambino, ma possiamo imparare a farci attenti in termini preventivi ai loro comportamenti adeguati e magari rispondere alle loro richieste adeguate (nei limiti del possibile) come nel primo tentativo di richiesta d’attenzione del bambino.

      Il primo passo è identificare la versione positiva del comportamento indesiderato. Se il comportamento indesiderato è urlare la versione positiva sarà parlare con un tono di voce adeguato alla situazione
      Una volta individuati i comportamenti nella versione positiva, il secondo passo sarà prestare maggiore attenzione ogni volta che si verificano e,
      il terzo passo sarà sottolinearli a nostro/a figlio/a con un “bravo sono felice che hai fatto questo!” Non il contrario come siamo portati solitamente a fare.
Inoltre sarebbe opportuno prestare attenzione ai comportamenti adeguati e ignorare quelli inadeguati
Es. il bambino seduto composto a tavola butta per terra il bicchiere con tutta l’acqua facendo un lago per terra e bagnandosi le scarpine, noi possiamo rispondere “come sei seduto per bene bravo, vuoi un la carne?” il bambino imparerà che la sua richiesta di attenzione è stata raggiunta grazie al fatto di stare seduto composto e non per il bicchiere.

Sul momento l’intervento più efficace è il costo della rispostaà se ti è caduto il bicchiere non lo raccoglie la mamma e quando avrai sete dovrai aspettare la fine del pranzo per bere, o dovrai raccoglierlo tu.
Il concetto è diverso dalla punizione perché questo tipo di intervento riguarda sempre la conseguenza dell’azione che il bambino ha messo in atto, quindi in questo caso l’obiettivo è quello di insegnare al bambino cosa accade (di spiacevole per lui) a causa di un comportamento inadeguato. La punizione spesso riguarda situazioni che non hanno a che fare con il comportamento (hai messo in disordine la camera ora non vai più a trovare il tuo amichetto! La conseguenza dell’azione sarebbe invece rimettere in ordine, anche attraverso il nostro aiuto, senza pero sostituirci a lui).

Se volete saperne di più potete contattarci

www.psicologiaebenessere.blogspot.com

Dott.ssa Cristina Jacchia
Psicologa
Iscrizione Ordine Psicologi Toscana n° 4424
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